In attesa del passaggio in Senato, che ci auguriamo si compia rapidamente e senza intoppi, l’approvazione alla Camera dei Deputati della proposta di legge Siani in materia di tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori, rappresenta un primo risultato concreto ed importantissimo.
Un risultato che ripaga l’impegno profuso da Cittadinanzattiva negli ultimi anni e che risponde a molte delle nostre istanze rivolte a superare, in maniera definitiva, il problema della detenzione dei bambini nelle carceri.
La presenza di bambini, costretti a trascorrere i primi anni di vita negli istituti penitenziari assieme alle madri detenute, è un paradosso gravissimo del nostro sistema; un paradosso finora irrisolto ed incredibilmente trascurato, sul quale negli ultimi anni ci siamo impegnati, in sinergia con altre organizzazioni, per richiamare l’attenzione pubblica e delle istituzioni e per formulare e sollecitare l’adozione di soluzioni di sistema idonee a risolverlo definitamente. Ciò nella convinzione che la tutela della salute psicofisica dei bambini debba prevalere su ogni altra ragione o interesse pubblico e debba costituire il principale, se non l’unico, criterio guida per la costruzione di misure dedicate. E’ oramai dimostrato che i piccoli che crescono in carcere ricevano danni profondi sul piano dello sviluppo psicofisico, dai problemi nella deambulazione (visto che sono abituati a muoversi dentro spazi ristretti), a ritardi nella articolazione della parola, ad una serie di difficoltà nello sviluppo delle relazioni con gli altri, nella socializzazione, fino all’attaccamento morboso alla madre per poi subire il trauma ulteriore e profondissimo del distacco improvviso da essa, quando raggiungono i limiti di età previsti dalla legge.
Il 20 e 21 aprile si svolge la XVI Edizione della Giornata Europea dei diritti del malato - promossa dalla rete europea di Cittadinanzattiva, Active Citizenship Network - alla presenza di europarlamentari, rappresentanti della Commissione Europea e dell'OCSE, leader di associazioni di pazienti, operatori sanitari, esperti del settore e imprese. In particolare, il 20 Aprile molta attenzione è stata riservata alle opportunità e alle sfide delle nuove terapie avanzate, di cui si prevede un aumento notevole nel prossimo decennio: entro il 2030 potrebbero essere lanciate oltre 50 nuove terapie geniche e cellulari a livello globale, che riguarderebbero complessivamente circa 350.000 pazienti e 50.000 ogni anno. Uno scenario incoraggiante ma altrettanto sfidante, tenendo conto degli alti costi e del vincolo di bilancio pubblico cui devono sottostare diversi paesi dell'Unione Europea: aspetti che devono essere affrontati oggi per non arrivare impreparati domani. La XVI Giornata (che ha ricevuto un contributo incondizionato da Boehringer Ingelheim, Illumina, MSD, Teva, Viatris), offre anche l'occasione, nei lavori del 21 Aprile, per fare il punto sulla "Missione Salute" prevista dai Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR): si parte inevitabilmente dall'Italia, Paese che in assoluto ha ricevuto le risorse più ingenti dal Next Generation EU, per allargare lo sguardo anche ad altre realtà.
Leggi l'intervento di Mariano Votta, responsabile politiche europeee di Cittadinanzattiva, sul blog dell'Huffington Post.
Leggi il comunicato stampa di chiusura dell'evento
"L’ambiente, come contesto naturale, sociale e lavorativo in cui si svolge la vita delle persone, va tutelato senza se e senza ma, ancor più adesso con ben due modifiche intervenute nella Costituzione (artt.9 e 41) che vanno in questa direzione. Del resto - ed è sempre la nostra Costituzione ad affermarlo - è attraverso azioni di salvaguardia del nostro habitat che è possibile garantire la tutela della salute, della sicurezza e della dignità umana. Ad essere tenuti alla salvaguardia, siamo tutti - Enti pubblici e privati, persone fisiche e giuridiche - mediante azioni informate alla prevenzione, precauzione, correzione, in primis alla fonte, dei danni causati all’ambiente e al principio del “chi inquina paga”. Ma tutto questo non sembra realizzarsi nei 42 Siti di Interesse Nazionale (SIN) del nostro Paese, all’interno o in prossimità dei quali vivono oltre 5 milioni di cittadini, come certificato dallo studio SENTIERI dell’Istituto Superiore di Sanità: parliamo di circa 170 mila ettari di suolo (con annessi sottosuolo e acque sotterranee), a cui si aggiungono 80 mila ettari circa di mare in attesa di bonifica, del ripristino di condizioni di salubrità ambientale e sanitaria. Si tratta di aree contaminate, sottoposte per anni e anni a forti pressioni ambientali, in conseguenza di attività umane inquinanti (industriali, per lo più) ed in cronica per quanto pericolosa attesa della riduzione/eliminazione delle cause di danno all’ambiente e degli effetti sullo stato di salute delle persone che ci vivono.
Uno dei 42 SIN è quello di Falconara Marittima". Leggi l'intervento di Monia Mancini, segretaria regionale di Cittadinanzattiva per il nostro blog sull'Huffington Post.
"C'è una grande sfida che come cittadini e territori non possiamo perdere e riguarda il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. E non solo per la irripetibile occasione di far arrivare risorse in un Paese con enormi necessità di manutenzione, ammodernamento e innovazione, ma anche perché il PNRR porta in dote con sé un metodo, quello della co-progettazione, rispetto al quale tuttavia le pubbliche amministrazioni rischiano di essere drammaticamente in ritardo, ma che anche i cittadini organizzati potrebbero non cogliere nella sua portata radicalmente innovativa".
Lo ha detto il professore e storico Augusto Ciuffetti in un lucido intervento del 21 febbraio scorso sulla rivista Civiltà Appennino: se il Piano dovesse servire solo a rispolverare vecchi progetti accantonati in qualche cassetto in attesa di tempi migliori, si disperderebbe la reale potenzialità di queste risorse.
"La fine della vita appartiene a ogni essere umano tanto quanto la vita, porta con sé i medesimi diritti alla dignità e alla autodeterminazione e in più aggiunge l’urgenza dell’ascolto dei desideri e delle volontà autentiche degli ultimi istanti. Succede invece che quando questo argomento si fa spazio, spesso in modo drammatico, nel dibattito pubblico chi prende la parola lo fa in modo ideologico, sulla base di appartenenze politiche o religiose, di posizioni più o meno laiche, di fedi più o meno assolute e finiscono per prevalere contrapposizioni che non portano a nulla.
Colpisce il modo in cui tutto questo avviene da anni ormai: quando il tema entra nella discussione pubblica, sembra che ci si allontani dalla domanda su di sé, sul proprio fine vita, sul diritto all’ascolto che ci si vorrebbe veder riconosciuto. E di fatto ancora oggi nessuno di noi ha un pieno diritto di scelta su di sé". Così si apre l'intervento di Francesca Moccia per il blog di Cittadinanzattiva sull'Huffington Post. In queste ore è in discussione alla Camera dei Deputati la legge Bazoli-Provenza sul fine vita, dopo la decisione della Corte Costituzionale che alcuni giorni fa ha dichiarato inammissibile il quesito referendario sull’omicidio del consenziente.
“È doveroso ascoltare la voce degli studenti che avvertono tutte le difficoltà del loro domani e cercano di esprimere esigenze, domande volte a superare squilibri e contraddizioni”, così il presidente Mattarella nel suo discorso di insediamento di poche settimane fa. Nonostante questo pressante invito, inadeguate e tardive sono state a oggi le risposte delle istituzioni di fronte alle proteste degli studenti che da settimane manifestano e tentano di far sentire la loro voce, all’interno delle scuole come nelle piazze, e che hanno promosso – a partire dall’Unione degli Studenti e con l’adesione di varie associazioni, compresa la nostra - gli Stati generali della Scuola. È indispensabile interrogarsi sulle ragioni profonde di queste proteste.
La Repubblica italiana “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, è questo il testo che entra nella nostra Costituzione, grazie all’approvazione definitiva da parte della Camera della proposta di legge che modifica in tal senso due articoli della Carta, il 9 e il 41. Cosa cambia e quali sono le buone notizie che questa novità porta con sè? E' un risultato importante perchè può avere un impatto non solo sulla tutela ambientale in senso stretto, ma anche sui modelli economici e sociali, sulla salvaguardia della salute, sul ripudio della guerra. E, non da ultimo, sul riconoscimento ancora una volta del ruolo dei cittadini attivi in tutti questi ambiti. Ecco il punto di vista di Adriano Paolella, responsabile Ambiente e Territorio di Cittadinanzattiva, in un commento pubblicato da Buone Notizie del Corriere della Sera e che qui vi riproponiamo integralmente.
Il 5 febbraio, la legge n. 91 che disciplina l’acquisto della cittadinanza italiana compie 30 anni.
Una legge che già 30 anni fa nasceva vecchia, perché rivolta al passato dell’Italia degli emigranti, scegliendo di privilegiare, tra i modi di acquisto della cittadinanza, il principio della discendenza (ius sanguinis) a discapito dei criteri legati alla nascita o alla stabile residenza nel paese.
Una legge priva di visione, perché incapace di leggere allora i segnali dei profondi cambiamenti sociali, demografici, economici e culturali di un paese destinato a diventare, nel giro di pochi anni, meta principale dei flussi migratori verso l’Europa.
Una legge che oggi è un vero e proprio anacronismo, perché totalmente scollata dalla realtà, perché tra le più rigide nel contesto europeo, perché discrimina centinaia di migliaia di “italiani di fatto”, privandoli dello status di cittadino, a cominciare dai minori nati e cresciuti in Italia, che sono oltre un milione.
Il prossimo inquilino del Quirinale dovrebbe, come prevede la Costituzione, favorire le persone che partecipano alla vita pubblica e si prendono cura dei beni comuni, delle persone fragili o affinché venga riconosciuto un diritto. Nelle forme che vanno oltre i partiti sempre più in crisi.
Intervista di Vaccines Today, in esclusiva per l’Italia per Cittadinanzattiva, al Commissario dell'UE per la Salute in merito alla diffusione del vaccino, alla disinformazione online, al ripristino dell'immunizzazione di routine e al ruolo dell'Europa nella vaccinazione del mondo.
Quello della giustizia penale è un tema estremamente complesso, che coinvolge i principi cardine dello stato di diritto, il perseguimento della legalità, le ragioni della pretesa punitiva statuale e le funzioni della pena, la sicurezza della collettività. E, dal punto di vista dei singoli cittadini, impatta sulle loro vite e il loro dolore, siano essi vittime o autori di reato. Un terreno contrassegnato dalla complicata ricerca di soluzioni di equilibrio, capaci di bilanciare i principi del giusto processo, le garanzie del sistema accusatorio, l’esigenza della ragionevole durata, la missione costituzionale della pena.
Difficile trovare traccia di tutto ciò nelle politiche penali prodotte negli ultimi decenni, ostaggio dell’eterno conflitto tra magistratura e classe politica. Politiche contrassegnate nel tempo dapprima dal “garantismo selettivo” dell’era delle “leggi ad personam”, generatrici di sacche di impunità per i reati dei cosiddetti colletti bianchi e della contestuale penalizzazione della devianza dei soggetti marginali; poi dall’uso - e l’abuso - simbolico del diritto penale, forgiato sulla retorica securitaria e sulla costruzione di spauracchi sociali, in primis con la criminalizzazione dell’immigrazione; fino al populismo penale degli ultimi anni, con la continua promessa di repressione come unica risposta efficace al contenimento ed alla prevenzione di ogni tipologia di crimine e devianza e della demagogia sulla certezza della pena intesa come certezza del carcere, all’origine delle modifiche introdotte sulla prescrizione dei reati con la cosiddetta “legge spazzacorrotti” e del Disegno di legge di riforma della giustizia penale promossa dal precedente Ministro Guardasigilli.
Nelle scorse settimane Giuliano Amato ha lanciato un appello al mondo del cosiddetto Terzo settore affinché, forte del “monopolio dell’interesse generale che esso detiene ormai praticamente in esclusiva”, aiuti la classe politica, i partiti insomma, a ritrovare se stessa.
Intervenendo nel dibattito avviato da Amato, Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva, spiega che non è più accettabile che le organizzazioni civiche debbano accontentarsi di essere palestre, luoghi di pre-politica, che allenano persone e idee consegnandole poi a chi ritiene di avere il "vero" monopolio della politica, cioè i partiti.
Leggi il commento pubblicato da Vita.it
Le organizzazioni della società civile insieme alle istituzioni europee per contribuire al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs): questo è il messaggio principale della nuova iniziativa politica che verrà lanciata al livello europeo il prossimo 16 febbraio 2021, in occasione della conferenza “Making sustainability an easy choice for EU citizens”.
Promosso da Cittadinanzattiva - attraverso la sua rete europea Active Citizenship Network (ACN) - dall’associazione europea dei consumatori “European Consumers Union” (ECU) e dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), sarà presentato ufficialmente il Gruppo Inter-Istituzionale “SDGs for well-being and consumers' protection”, al momento sostenuto da ottoeurodeputati, di diversi Paesi e gruppi politici. Alla conferenza parteciperanno anche rappresentanti della Commissione Europea e del Comitato Economico e Sociale Europeo, sottolineando l'interesse per l'iniziativa.
Il Gruppo Inter-Istituzionale nasce daldesiderio della società civile di contribuire agli SDGs e al Green New Deal, convinti che il protagonismo e l'empowerment dei cittadini e dei consumatori debba essere il pilastro della transizione verso un'Europa più inclusiva e sostenibile. Nel concreto, intende fornire il proprio contributo puntando a essere: un catalizzatore delle sensibilità provenienti da società civile, mondo delle imprese, ricerca, media, ecc. a livello nazionale ed europeo; un facilitatore nel dialogo tra le istituzioni europee e le parti interessate attive in settori specifici; un incubatore di buone pratiche, per facilitare il processo di scambio, contaminazione e diffusione delle migliori prassi utili nell’orientare in primis imprese e cittadini dell'UE verso scelte sempre più sostenibili.
La crisi di governo si è chiusa al Senato con 156 voti per il governo contro 140 degli oppositori di destra + 16 astenuti di Italia Viva. Se Renzi avesse deciso di votare contro non ci sarebbe stato “pareggio” 156/156, ma presumibilmente – come risultava da non poche “voci di corridoio” – il governo avrebbe raggiunto la maggioranza assoluta oltre i 161 voti di fiducia e il gruppo di Italia Viva, spaccato e con un leader tanto avventuroso quanto perdente, sarebbe finito definitivamente fuori scena.
Il duro conto dei rapporti di forza in parlamento può favorire riflessioni di tipo politico per l’immediato: ad es. che Renzi è stato abbastanza abile da fermarsi un passo prima della rovina sua e di IV, e magari che così conserverà un potere di condizionamento del governo in commissione e provvedimento per provvedimento. Ma è facile pensare anche che tra le sue file ora serpeggino diversi sentimenti rispetto al “capo”: pronto a giocarsi anche le prospettive personali di ciascuno di loro, con disegni politici arrembanti e scriteriati, sordo agli orientamenti popolari, e senza capire quanto nella pandemia sia diffuso un bisogno di affidarsi a guide di buon senso, a persone equilibrate e eque.
Invisibili, dimenticate dalla storia e vittime dell’effetto Matilda; specialmente in passato, la visibilità delle scienziate è stata spesso il riflesso delle disparità presenti nel mondo scientifico.
Attualmente, qualcosa sta cambiando ma, se da un lato appare chiara l’importanza di far conoscere questo universo troppo a lungo ignorato, dall’altro il modo in cui le scienziate sono presentate nei media è sempre più motivo di dibattito. Insomma, “accendere i riflettori” sulle protagoniste del progresso scientifico è sufficiente o è arrivato il momento di interrogarci anche su come queste dovrebbero essere rappresentate?
Per affrontare la pandemia che da mesi ha investito tutto il mondo serve “anche” trasparenza sui dati, sanitari e non solo. Si parla dell’importanza della trasparenza e del “governo aperto” (open government) oramai da anni e sono tante le attività che hanno coinvolto la Pubblica amministrazione italiana e la società civile, in questo senso. Cittadinanzattiva è da sempre in prima linea per promuovere iniziative volte alla diffusioni di dati ed informazioni detenute dalla pubblica amministrazione, sia essa di livello centrale o locale, affinché siano messi a disposizioni di coloro che dovrebbero essere i primi soggetti destinatari di quelle informazioni: i cittadini. Durante l’emergenza ci saremmo aspettati una maggiore trasparenza e accessibilità ai dati, invece questo non è accaduto, anzi, nella prima fase dell’emergenza, il decreto “Cura Italia” ha sospeso fino al 15 aprile inizialmente e con altro decreto fino al 15 maggio, l’accesso a informazioni riferite a procedimenti amministrativi.
La gestione trasparente dei dati durante la pandemia non è un tema poco rilevante, anzi, comunicare i dati in modo trasparente e corretto è stato uno dei punti di forza in alcuni paesi, ad esempio la Nuova Zelanda ha reso disponibili, fin dall’inizio della pandemia, i dati disaggregati sui tamponi resi anonimi, in questo modo le associazioni e i cittadini hanno potuto analizzarli e hanno fornito proposte e suggerimenti su come utilizzarli al meglio. L’Italia e l’Unione Europea, invece, non hanno brillato per “apertura “e “condivisione” dei dati.
Il Tribunale per i diritti del Malato di Cittadinanzattiva è stato nominato nel board di osservazione, insieme a Comune di Bologna e Ragione Emilia Romagna, della procedura di Audit sulle Case Residenza Anziani dell'Asp Città di Bologna. E’ un giusto passo che l’Asp fa per comprendere quali siano stati i punti di debolezza che hanno minato la sicurezza delle strutture, e per ovviare alle eventuali criticità che potrebbero essere evidenziate dall’Audit. Ed è importante per noi esserci perché durante i momenti peggiori in cui la pandemia dilagava siamo stati vigili sulle problematiche legate alle CRA, abbiamo osservato, abbiamo ascoltato le voci delle persone coinvolte, dagli operatori ai familiari degli ospiti.
di Alessio Terzi
segretario regionale di Cittadinanzattiva Piemonte
Cittadinanzattiva ha condotto, con il contributo di cento stakeholder, una consultazione sulle forme di partecipazione che ha generato la Matrice per la qualità delle pratiche partecipative in sanità. Nel 2019 sono stati attivati due percorsi regionali (Sicilia e Piemonte) volti a sostenere la progettazione e l’attivazione di percorsi di coinvolgimento della cittadinanza attiva e delle comunità locali. E’ stato individuato un ampio target di stakeholder (associazioni, professionisti, enti locali, ricercatori, dirigenti delle aziende sanitarie) ed è stato selezionato un gruppo di lavoro operativo. Il gruppo ha rilevato una sostanziale omogeneità fra la Matrice e le esperienze internazionali di person centered care in merito all’empowerment dei cittadini e delle comunità locali individuando tre livelli di coinvolgimento: la programmazione dei servizi sanitari; l’organizzazione degli ospedali e dei servizi sanitari territoriali; la realizzazione concreta dei percorsi terapeutici e assistenziali.
Il confronto con l’emergenza del Covid 19 è stato ineludibile: in seguito a un intervento della segreteria regionale, la task force incaricata di rivedere l’assetto dei servizi territoriali ha chiesto a Cittadinanzattiva un contributo sul coinvolgimento dei cittadini.
Martedì 16 giugno è stato presentato alla Ministra per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone il documento programmatico per avviare la riforma della legge 150/00 che disciplina le attività d’informazione e comunicazione delle PA.
Il documento programmatico è stato elaborato da un gruppo di lavoro, promosso presso il Ministero PA e incardinato nel 4° Piano OGP Italia 2019-2021, Azione 6 “Cultura dell’Amministrazione Aperta”.
Al gruppo di lavoro per la riforma della legge 150/00 sulle attività d’informazione e comunicazione delle amministrazioni pubbliche hanno partecipato le associazioni civiche che da anni partecipano all’Open Government Partenership Forum, l’iniziativa internazionale che mira ad ottenere impegni concreti dei Governi di tutto il mondo per la trasparenza, il sostegno alla partecipazione civica, la lotta alla corruzione dentro e fuori le Pubbliche Amministrazioni.
Il contrasto alle disuguaglianze - da sempre terreno privilegiato di impegno civico per Cittadinanzattiva - sembra essere il principio ispiratore del pilastro europeo dei diritti sociali. Da qui l’adesione convinta di Cittadinanzattiva all’invito ufficiale rivoltoci ad inizio 2020 da parte dalla Direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione della Commissione Europea, per collaborare a diffondere i contenuti di cui si compone il pilastro europeo dei diritti sociali, dopo che la stessa Commissione già dal 2017 aveva individuato in Cittadinanzattiva uno stakeholder rilevante nei suoi incontri preliminari che si sono svolti nei vari paesi.
"Quanto sta accadendo da ormai molte settimane e la necessità combattere e convivere con un nemico invisibile come il coronavirus ci stanno facendo scoprire o riscoprire l’importanza del servizio sanitario nazionale non solo come elemento di coesione sociale e di sviluppo ma anche di sicurezza. Oltre questo però stanno emergendo alcuni elementi, forse per alcuni scomode verità, utili non solo per gestire al meglio questa situazione ma per ripartire in modo completamente diverso quando la situazione di emergenza sanitaria sarà stata messa “in sicurezza”.
Mentre la riforma del Terzo settore compie il suo percorso a passi tardi e lenti, costringendo nel frattempo i potenziali enti di terzo settore a rincorrere la sua logica regolamentare ed elencatoria, in tempi brevissimi maturano piccole, ma straordinarie rivoluzioni.
Nei giorni scorsi, la Corte Costituzionale ha reso pubblico in una nota, di cui è prevista a breve la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che “qualsiasi formazione sociale senza scopo di lucro e qualunque soggetto istituzionale, se portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione in discussione, potranno presentare brevi opinioni scritte per offrire alla Corte elementi utili alla conoscenza e alla valutazione del caso sottoposto al suo giudizio”. L’intenzione della Corte rappresenta una rivoluzione non tanto, o non soltanto, perché apre un mondo finora chiuso alla partecipazione della cosiddetta società civile - la qual cosa è piuttosto di moda, anche se troppo spesso ridotta a concessione o esercizio di forma - ma perché si apre alla “cittadinanza attiva” perimetrandola, come è nell’articolo 118 ultimo comma della Costituzione, in quelle formazioni capaci di portare (e non di rappresentare) l’interesse generale e capaci di offrire un contributo rilevante, cioè attinente alla questione in discussione, a prescindere da ogni steccato definitorio e da ogni connotazione giuridica. Non perché si risulta in un registro dunque, o perché si svolgono attività che pertengono a certi ambiti tematici invece che ad altri, o perché si hanno numeri o elenchi di soci, ma “unicamente” perché si è in grado di portare e di offrire interessi collettivi, diffusi e utili.
L'informazione attraversa in tutto il mondo una condizione drammatica ed esaltante allo stesso tempo: esaltante, per la moltiplicazione di contenuti informativi, di soggetti che li forniscono e divulgano, e di mezzi tecnologici per crearli, diffonderli ed accedervi; drammatica, per la crisi dei tradizionali modelli editoriali, dall'informazione cartacea a quella radiotelevisiva. Purtroppo si tende ad affrontare il tema solo da un lato o dall'altro della questione, con divergenze e contrapposizioni: i giornalisti professionisti rivendicano che preparazione, formazione continua, deontologia, tutela del trattamento economico, garantiscono una qualità dell'informazione contro disinformazione, fake news e hate speech; chi invece opera fuori dal contesto giornalistico ufficiale, cerca un riconoscimento per proporre come informazione, e controinformazione, notizie, argomenti, opinioni indipendenti. I primi si chiudono in un atteggiamento difensivo, a volte anche corporativo, e i secondi alimentano sentimenti di sfiducia nella credibilità della stampa, vista come casta.
La Camera dei Deputati ha appena approvato in via definitiva il disegno di legge sulla corruzione, ribattezzato “spazza-corrotti” dai suoi promotori, ma al di là della roboante definizione, una delle misure più significative introdotte riguarda tutt’alta materia, ossia l’istituto della prescrizione dei reati.
Si tratta dell’ennesimo pericoloso provvedimento bandiera, esibito dal Ministro Bonafede come una soluzioneche renderebbe finalmente giustizia alle vittime dei reati, ma che in realtà non tutela proprio nessuno, risolvendosi in una gratuita diminuzione delle garanzie dell’imputato e rischiandoparadossalmente di allungare in misura ulteriore i tempi dei processi penali.
Secondo le nuove disposizioni, che entreranno in vigore nel 2020 simultaneamente all’approvazione di una annunciata riforma del processo penale ancora tutta da costruire, i termini di prescrizione del reato restano sospesi dopo la sentenza di primo grado, anche in caso di assoluzione. Il dannoè duplice: si destinano indagati ed imputati a rimanere per anni sotto la spada di Damocle di un processo penale dalla durata indefinita, si elimina un fondamentale incentivo per i magistrati alla definizione dei processi in tempi certi.
Bruciano i rifiuti, e con loro la nostra speranza di cambiamento verso un ambiente più rispettato, un’aria più salubre, una presa di coscienza della necessità di cambiare modelli di consumo, di imballaggio e di raccolta e differenziazione dei rifiuti urbani. E’ il pensiero che a molti di noi è balenato in questi giorni, dopo le recenti dichiarazioni di esponenti autorevoli del Governo della necessità di investire su questa prospettiva di “incendio” dei rifiuti. Prospettiva, fortunatamente mi permetto di dire, al momento oscurata da una valanga di reazioni negative sia sulle piattaforme social che da una alzata di scudi politica.
Occorre anzitutto fare un piccolo passo indietro, cercando di spiegare con semplicità cosa siano termovalorizzatori e inceneritori, partendo da questi ultimi. Gli inceneritori, considerati oramai una tecnologia vetusta, sono luoghi in cui si bruciano i rifiuti indifferenziati a alta temperatura, la cui combustione immette nell’aria enormi quantità di inquinanti nocivi (diossine, furani, pm10, pm2.5, particolato ultrafine), e residui altamente inquinanti la (ceneri e polveri) la cui gestione chiede ulteriori spese perché se dispersi rappresenterebbero una vera e propria bomba ambientale. L'incenerimento dei rifiuti produce scorie solide pari circa al 10-12% in volume e 15-20% in peso dei rifiuti introdotti, e in più ceneri per il 5%. Con enormi costi in termini di gestione in discariche specializzate.