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Liste d’attesa, carenza di personale e disomogeneità territoriale nell’erogazione dei servizi sanitari mettono ancora a rischio l’effettività del diritto alla salute.

Serve un nuovo Piano Sanitario Nazionale e l’attuazione piena delle riforme”.

In Italia la principale emergenza sanitaria non riguarda la qualità delle cure, ma la possibilità stessa di accedervi. Sebbene si comincino ad intravedere alcuni effetti delle riforme in corso – da quella sul contenimento dei tempi di attesa, a quella prevista per l’assistenza territoriale, all’aggiornamento dei Lea, all’ampliamento degli screening e del calendario vaccinale – le liste d’attesa, la carenza di personale e la disomogeneità territoriale nell’erogazione dei servizi sanitari mettono ancora a rischio l’effettività del diritto alla salute.

È quanto emerge dai Rapporti presentati oggi da Cittadinanzattiva (Rapporto Civico sulla salute, Rapporto sulle politiche della cronicità), nel corso dell’evento “L’incomprimibile diritto alla salute. Riforme in corso, bisogni in attesa”, svoltosi presso il Ministero della Salute.

Il nostro Servizio sanitario nazionale resta l’antidoto più efficace per superare le disuguaglianze e garantire la salute a tutti e a tutte. Vogliamo mettere la sanità e la costruzione della salute pubblica al centro di un dibattito di cui i cittadini siano i protagonisti, con i loro diritti e con le loro responsabilità; vogliamo contrapporre alla rassegnazione o al rischio di una profezia che si autoavvera - quella che la malattia del Servizio sanitario nazionale sia talmente grave che lasciarlo morire non fa la differenza - il potere di autonoma iniziativa che l’articolo 118 della Costituzione ci riconosce, e favorire una stagione di confronto con e fra i cittadini, a partire dalla quale proporre un’Agenda civica sulla salute e sul Servizio sanitario nazionale. Su questo chiediamo a istituzioni e professionisti, anche attraverso un Manifesto-appello che presentiamo oggi, di ritornare a dibattito unitario in cui privilegiare la partecipazione, le interconnessioni e la sinergia per ridare nuovo ossigeno ad un concetto di salute basata sulle persone, siano essi professionisti che cittadini”, dichiara Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva.

Liste d’attesa: tempi sforati per molti esami, soprattutto se fuori dalla priorità “urgenza”

In particolare, partendo dall’analisi delle 16.854 segnalazioni dei cittadini ai servizi di informazione e tutela di Cittadinanzattiva e contenute nel Rapporto civico 2025, emerge che quasi la metà (47,8%) delle stesse riguarda difficoltà di accesso alle prestazioni: le liste di attesa per esami diagnostici, prime visite specialistiche, interventi chirurgici superano spesso di mesi i tempi previsti, e rappresentano oggi la criticità più grave e trasversale del Servizio Sanitario Nazionale. Nel 2024, sulla base dei tempi di attesa segnalati dai cittadini, si arrivano ad aspettare fino a 360 giorni per una TAC torace; fino a 540 giorni per una risonanza magnetica all’encefalo e per una visita oculistica; fino a 720 giorni per una colonscopia e anche oltre i 400/500 giorni per le prime visite specialistiche.

Per verificare l’effettiva attuazione della legge 107/2024 sulle liste d’attesa, Cittadinanzattiva ha inoltre presentato un’istanza di accesso civico generalizzato a tutte le Regioni per valutare l’organizzazione delle agende di prenotazione e dei cosiddetti percorsi di tutela. Solo 8 Regioni hanno fornito dati completi e trasparenti,5 non hanno risposto affatto, le restanti hanno inviato informazioni parziali o formali, senza elementi utili al monitoraggio reale. Questa difformità conferma che le possibilità di ottenere una visita o un esame entro i tempi previsti dipendono ancora dalla Regione di residenza.

Inoltre dalle risposte all’istanza di accesso civico emergono alcune criticità importanti: alcune Regioni (in particolare Basilicata, Sardegna, Abruzzo) giustificano l'assenza di dati con la transizione alla nuova Piattaforma Nazionale AGENAS non ancora a regime; molte amministrazioni non monitorano indicatori chiave come le prenotazioni nei giorni festivi/prefestivi o la percentuale di prime disponibilità accettate, rendendo impossibile misurare la reale accessibilità ed estensione del servizio; emerge una disparità nei Percorsi di Tutela per le liste di attesa, in particolare tra chi garantisce una "presa in carico" attiva (ASL che ricontatta il cittadino, es. Emilia-Romagna, Marche, Lombardia) e chi lascia il cittadino solo a gestire la burocrazia tramite moduli e URP (es. Campania, Sardegna), o addirittura non fornisce alcuna informazione sui percorsi di tutela (Friuli Venezia Giulia). In generale emerge un divario nord sud, perché i migliori percorsi e una maggiore trasparenza sui dati sono concentrate al Centro-Nord, mentre il Sud è caratterizzato da risposte parziali o dal silenzio totale.

Anche la Piattaforma Nazionale Agenas sulle Liste d’Attesa mostra criticità rilevanti: solo il 40,6% delle prestazioni diagnostiche e solo il 34,5% delle visite specialistiche viene accettata dal cittadino alla prima disponibilità proposta dal cup, segno che in molti casi la data proposta non risponde ai bisogni o la struttura è troppo distante; ancora, solo 4 prenotazioni in pre-lista su 10, vengono erogate nei tempi. Il rispetto dei tempi massimi, in generale, è garantito solo per circa la metà delle prestazioni. Nella fascia di priorità urgente, prestazioni come la colonscopia superano, per un paziente su quattro, i 105 giorni a fronte di un limite di 72 ore; nelle fasce D (Differibile, entro 60 giorni) i tempi massimi sono ampiamente superati ed arrivano fino a 147 gg per la mammografia e a 177 giorni per la visita dermatologica. Lo stesso per la fascia programmabile (limite 120 gg) dove si registrano 357 gg per la colonscopia e 260 per la diagnostica senologica.

Le carenze negli altri ambiti dell’assistenza

Oltre al grande tema dell’accesso alle prestazioni, che come abbiamo visto raccoglie il 47,8% delle 16.854 segnalazioni, i cittadini lamentano carenze nei seguenti ambiti.

Assistenza di prossimità (segnalato come problematico nel 17,9% dei casi): i cittadini denunciano, in particolare, il rapporto con i Medici di Medicina Generale e i Pediatri di Libera Scelta (58,7%), RSA e lungodegenza (10%), salute mentale (9,8%), assistenza domiciliare (7,8%) e raccordo ospedale-territorio (4,8%). Assistenza ospedaliera (l‘11,8% delle segnalazioni totali): il settore emergenza-urgenza e pronto soccorso rappresenta la criticità principale (78,1%), seguito dai ricoveri (17,6%) e dalle dimissioni (4,2%). Per quanto riguarda l’Assistenza previdenziale (5,7% dei casi totali), la maggior parte delle segnalazioni riguarda le procedure di invalidità e accompagnamento (92%) e i cittadini lamentano tempi lunghi, complessità burocratiche e aumento della domanda. Nonostante il calo delle segnalazioni rispetto agli anni precedenti, il tema della qualità delle cure rimane centrale, in particolare il tema della Sicurezza delle cure (4,8% delle segnalazioni totali) per cui le segnalazioni principali riguardano presunti errori medici (69,1%), macchinari obsoleti (15,7%), condizioni igienico-sanitarie (8,8%) e rischio di infezioni (6,4%). Segnalazioni in calo anche la Prevenzione (2,3% del totale), dove i disagi maggiori riguardano vaccinazioni ordinarie (35,8%), screening mammografico (25,8%), vaccinazioni anticovid (16,8%), screening cervice uterina (13,4%) e colon-retto (8,2%). Infine, sull’argomento Ticket e spesa privata (2,3% sul totale) i cittadini segnalano oneri finanziari elevati per prestazioni private necessarie (74,5%) e ticket considerati troppo alti (25,5%).

Cronicità e malattie rare: la cura diventa un “lusso” per chi non può permettersi attese e spese

Il Rapporto sulle Politiche della Cronicità 2025 evidenzia le principali difficoltà per i pazienti cronici e rari: al quesito a risposta multipla sulle maggiori criticità, l’83,6% dei pazienti riporta tempi d’attesa eccessivi, mentre oltre il 55% dichiara di aver rinunciato almeno a una visita o esame negli ultimi 12 mesi per indisponibilità della prestazione nel SSN. L’85,9% ha sostenuto spese di tasca propria, spesso per farmaci, integratori e visite specialistiche. In molti casi, la presa in carico della cronicità diventa insostenibile per chi vive condizioni economiche fragili.

Le disuguaglianze sono evidenti anche nei servizi di prossimità: solo il 46% dei Presidenti di Associazione ritiene realmente efficace il modello di assistenza delineato dal DM 77/2022. Il 69,6% segnala un aumento della spesa privata a causa della desertificazione sanitaria. Per quanto riguarda i pazienti con malattie rare, oltre il 43% denuncia di doversi spostarsi in un’altra Regione per ricevere cure adeguate; il 78% ha sostenuto dei costi di tasca propria per gestire la patologia; il 68.3% riporta ancora una volta le criticità di lunghi tempi di attesa per prestazioni e visite e il 46,3% problemi nell’accesso ai servizi riabilitativi.

L’assistenza domiciliare integrata: trasparenza insufficiente e qualità invisibile

Rispetto all’assistenza domiciliare integrata, attraverso il proprio Coordinamento delle Associazioni dei malati cronici e rari, Cittadinanzattiva ha svolto una indagine che ha coinvolto 1136 cittadini. Ne emerge che fra coloro che hanno avuto bisogno di ADI nell’ultimo anno, il 35,4% ha ottenuto il servizio, il 15,6% ha ricevuto un rifiuto (il 53,3% per criteri clinici, ma anche per carenza di fondi e personale - 20% ciascuno) - e il 13,3% perché il servizio non è attivo o è insufficiente, mentre il 49% non ha mai presentato domanda pur avendone bisogno, probabilmente per scarsa informazione o per non essere stati accompagnati nell’iter di richiesta.

I tempi di avvio dell’Adi sono molto variabili: circa il 60% riceve il servizio entro due settimane, mentre fino al 23% attende oltre un mese (in alcuni casi diversi mesi). Riguardo alla qualità professionale e relazionale degli operatori, la stessa è valutata positivamente dal 70,6%, mentre il coordinamento fra gli interventi e servizi sanitari e quelli di natura sociale è considerato scarso dal 41,2% dei pazienti.

Sempre in merito all’assistenza domiciliare integrata, Cittadinanzattiva ha promosso un Accesso civico rivolto alle Regioni che restituisce, così come sulle liste di attesa, un quadro diseguale e frammentato, sia nel livello di trasparenza dei dati forniti dagli enti regionali che nella qualità del servizio erogato. Su 21 amministrazioni interpellate, solo 13 hanno risposto, ma con livelli di dettaglio molto diversi: Lombardia è la Regione che fornisce dati completi su ore erogate (+450.746 ore nel 2024 sul 2019), personale e formazione (1.045 professionisti formati, di cui 130 medici, 716 infermieri, 47 professionisti sanitari, 152 operatori non sanitari). La Toscana è l’unica a comunicare la distribuzione dei pazienti per complessità assistenziale. 9 Regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Umbria) hanno fornito solo i dati minimi richiesti dal PNRR, ossia insufficienti per valutare la qualità del servizio. 8 Regioni non hanno risposto affatto.

Nessuna Regione traccia la spesa effettiva, rendendo impossibile verificare come vengono utilizzati i fondi disponibili. La gran parte non fornisce i dati qualitativi, come le ore realmente erogate, la distribuzione dei pazienti per livelli di intensità assistenziale, l’organizzazione delle équipe o la presenza di figure professionali dedicate. Emergono inoltre ritardi nei trasferimenti finanziari per la Basilicata e il Molise che dichiarano di aver ricevuto solo una parte dei fondi previsti, anticipando le attività con risorse proprie. Questa opacità alimenta disuguaglianze territoriali e impedisce di verificare l’effettivo impatto del PNRR sulla vita delle persone più fragili.

Cittadinanzattiva: le priorità per un SSN più forte ed equo

Alla luce dei dati emersi, Cittadinanzattiva indica alcune priorità urgenti:

  • adottare un nuovo Piano Sanitario Nazionale, assente dal 2008;

  • garantire in maniera uniforme sul territorio i LEA 2017 e prevedere una revisione costante degli stessi;

  • accelerare l’attuazione del DM 77, con particolare riferimento alla costruzione delle Case e degli ospedali di comunità;

  • rendere pienamente operativa la normativa sulle liste d’attesa, con particolare riguardo al governo delle agende, agli aspetti di trasparenza e monitoraggio del dato e all’uniformità delle procedure sul territorio;

  • investire sulle infrastrutture digitali e sull'interconnessione dei dati e potenziare le competenze in merito di cittadini e professionisti;

  • investire sul personale sanitario, non solo in termini di unità di risorse ma anche di formazione e di incentivi per alcune categorie, come quella dell’emergenza-urgenza;

  • potenziare la prevenzione, dall’alfabetizzazione sanitaria dei cittadini all’offerta ed adesione alle campagne di screening e a quelle vaccinali.


Il Rapporto civico sulla salute è realizzato in collaborazione con FNOMCeO, FNOFI, FNOPI, FOFI, e con il contributo non condizionante di Menarini Group e di Sanofi. Il Rapporto sulle politiche della cronicità è realizzato con il contributo non condizionante di Servier.

Ufficio Stampa

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