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Editoriali

Come tante cittadine e cittadini italiani sto vivendo con speranza, con trepidazione ma anche con sorpresa ed indignazione, queste ore difficili della vita del nostro paese, emblematicamente rappresentate da una manovra economica (la quarta in pochi mesi) che dovrebbe farci uscire dal tunnel nel quale ci hanno spinto decenni di inadeguatezza di ampi settori della classe politica, nazionale e locale, di difesa strenua di interessi corporativi, di crisi globale della finanza. Sorvolo sui primi due sentimenti, soffermandomi, invece, su sorpresa e indignazione. La sorpresa: leggendo il testo della manovra e degli emendamenti alla ricerca di provvedimenti che riguardassero la scuola che, per definizione, dovrebbe rappresentare la crescita, lo sviluppo, il rilancio di un paese, ahimè ho trovato ben poca cosa: rilancio dell’Invalsi e investimenti per le scuole a rischio sismico.

E’ già qualcosa ma è troppo poco (in termini di risorse previste) rispetto, per citare solo uno dei problemi principali della scuola italiana, alla necessità di porre mano all’emergenza dell’edilizia scolastica che denunciamo da 10 anni.

Da qui l’indignazione: perché non si è deciso di intervenire con più coraggio, per esempio, sull’aumento della tassazione dei capitali scudati (stesso discorso potrebbe essere fatto per l’istituzione di una patrimoniale) imitando l’esempio dei paesi a noi più vicini, destinandone una significativa quota parte al rilancio dell’edilizia scolastica?

In queste ore accanto a coloro che paventano dubbi sull’applicazione del prelievo e coloro che, come noi, ritengono possibile e auspicabile un ritocco verso l’alto, nessuno ha invece proposto di destinarne una parte significativa ad un BENE COMUNE come la scuola.

Perché non elevare al 4%-5% il prelievo sui capitali scudati rientrati in Italia e destinarne la metà a favore dell’edilizia scolastica?

Se a questo, poi, aggiungessimo, l’allentamento del patto di stabilità su Comuni e Province per favorire l’utilizzo di fondi stanziati ma bloccati sull’edilizia scolastica (4 miliardi di euro, secondo alcuni) e lo sblocco del II stralcio dei Fondi Cipe (FAS) di circa 400 milioni di euro, il capitale a disposizione dell’edilizia scolastica pubblica sarebbe finalmente consistente e potrebbe davvero determinarne la rinascita.
I vantaggi sarebbero consistenti sia in termini di effetti diretti (recupero patrimonio edilizio pubblico) che indiretti (moltiplicazione delle risorse investite) tra i quali:

  1. dare una sterzata significativa alla drammatica emergenza rappresentata dallo stato di insicurezza e fatiscenza di almeno la metà degli edifici scolastici (42.000);
  2. lavorare non solo alla sicurezza ma anche al miglioramento complessivo di quelli sui quali valga la pena investire (es. interventi per l’applicazione delle misure antisismiche, per il miglioramento energetico, ma anche rottamazione e sostituzione degli edifici irrecuperabili);
  3. rimettere in moto l’economia reale, con l’avvio di una grande opera pubblica, con il supporto di soggetti anche privati;
  4. investire sui più giovani a partire dalla creazione di ambienti attrezzati, confortevoli, piacevoli che favoriscano e stimolino l’apprendimento piuttosto che rattrappire corpi e anestetizzare cervelli.

Voce di una che “grida nel deserto”? Può darsi, ma i cittadini e le loro organizzazioni non solo hanno il diritto di dire la loro sulla manovra ma anche il dovere di mobilitarsi per renderla più efficace, più produttiva, più vicina agli interessi e alle necessità dei cittadini, soprattutto più giovani.

Adriana Bizzarri, coordinatrice naz. Scuola di Cittadinanzattiva

Adriana Bizzarri

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