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Accoglienza e integrazione: sono sempre state queste le parole chiave del c.d. “modello Riace”, il progetto di accoglienza dei migranti nato nel 1998 e fondato dall’allora Sindaco del piccolo comune calabrese, Domenico Lucano.
Un progetto improntato verso una cultura dell’ospitalità e dell’inclusione, libera di autodeterminarsi e capace di autogovernarsi attraverso un mondo di relazioni volontarie, cooperanti e non mercificate, allo scopo di accogliere centinaia di persone bisognose e ridare vita e ripopolare i centri della Calabria. Un sogno, quello di Riace, che si è bruscamente interrotto quando la Procura generale di Reggio Calabria ha mosso accuse per associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abuso d’ufficio e chiesto 10 anni e 5 mesi di reclusione per l’ex Sindaco.

Ma finalmente è arrivata la decisione della Corte di Appello di Reggio Calabria che ha completamente ribaltato la sentenza di primo grado del Tribunale di Locri che aveva inflitto a Lucano ben 13 anni e 2 mesi di carcere, riconoscendo solo un reato di falso in atto pubblico in relazione ad una determina del 2017 relativa all’assegnazione di fondi pubblici alle cooperative. Crollano così, in appello, quasi tutte le accuse contestate all’ex sindaco di Riace, soprattutto l’accusa di essere il promotore di un’associazione a delinquere finalizzata alla gestione illecita dei fondi destinati ai progetti Sprar e Cas. La sentenza è stata accolta con applausi e festeggiamenti, anche se purtroppo a Riace quel modello di accoglienza non esiste ormai più: il Comune, a guida leghista dopo la caduta di Lucano, non ha più confermato quel sistema, ma esistono ancora dei comuni calabresi che continuano ad ospitare gli immigrati, seppur tra mille difficoltà. Ma l’accoglienza va avanti, nonostante tutto. Leggi di più

 

Valentina Ceccarelli

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