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Editoriali

parlamento italiano 2015 02 13

Nella revisione costituzionale del Titolo V nel 2001 fu inserito, all’art.118 comma 4, il principio di sussidiarietà orizzontale, fu riconosciuto cioè che i comuni cittadini hanno capacità di realizzare autonomamente interessi generali, e in tal caso le istituzioni pubbliche, dallo Stato ai governi territoriali, hanno l’obbligo di accogliere e accompagnare (favorire) le attività civiche.

Il resto della revisione era confuso e contraddittorio, i ricorsi incrociati tra Regioni e Stato hanno bloccato quella normativa. Ma l’enunciato sulla sussidiarietà cittadini-istituzioni, che riprendeva una proposta avanzata anni prima da soggetti della società civile, ha avuto invece molteplici applicazioni.

Alcune su ispirazioni di cittadini dal basso (azioni per la tutela dei diritti, di sostegno dei soggetti deboli, di cura di beni comuni). Altre applicazioni furono dettate da una lettura distorta e interessata delle istituzioni territoriali: Regioni e Comuni, a fronte del deficit di bilancio e della riduzione crescente delle risorse per la spesa sociale , hanno inteso il principio di sussidiarietà come autorizzazione per gli enti di governo di dismettere la erogazione di servizi pubblici per la soddisfazione di diritti sociali, che la Costituzione vuole garantiti. La “esternalizzazione” dei servizi pubblici ha piegato la sussidiarietà a funzione strumentale (e sostitutiva) da parte di “generosi” cittadini (motivati da fini solidali, non profit), cui si sarebbe potuto destinare contributi – e perfino contratti col pubblico – a costi evidentemente minori di quel che avrebbe richiesto il mantenimento di un sistema di apparati pubblici di servizio. 

 

Non era questo nel disegno dell’art.118, la strumentalizzazione dell’iniziativa civica colpiva l’elemento fondamentale delle attività rilevanti a questo fine: l’autonomia dei cittadini. Scomparso questo elemento, viene meno anche la ragione di quel riconoscimento di “potere sussidiario”: il nuovo principio infatti si configura come introduzione di un contrappeso, dal lato dei cittadini, alla “deriva” del sistema politico rappresentativo che non sembra perseguire più interessi generali, ma risulta occupato da interessi particolari e affidato stabilmente alle mani di cordate e cricche di affari .

Tutto questo però, dopo anni di crisi e riduzione dei poteri pubblici, ha portato a una vanificazione della ipotesi di ripresa dell’indirizzo politico democratico a seguito del peso crescente dei cittadini nella produzione di politiche sociali e ambientali e nell’interazione di essi con i governo locali e nazionali. L’azzeramento dei fondi sociali nazionali e la mancanza di risorse locali destinabili al sostegno del Terzo Settore hanno privato di prospettive e interesse anche la battaglia di retroguardia per salvaguardare ipotesi di sussidiarietà strumentale.

Come ripartire? Come riaprire la questione del ruolo progressivo dei cittadini nell’indicare in concreto interessi generali e modi di intervento utili alla comunità, tanto più nella situazione drammatica in cui si dibatte il paese? L’occasione sembra data dalla possibilità di emendare, su specifica proposta del Movimento Cittadinanzattiva (ripresa da moltissimi parlamentari di varie forze politiche), il cosiddetto decreto “SbloccaItalia”. Nella formulazione originaria del governo il ruolo dei cittadini era richiamato per compiti marginali e occasionali (pulizia, manutenzione e abbellimento di strade, piazze ecc.). L’emendamento rimette al centro il principio costituzionale e ribadisce il riferimento a interessi generali e all’autonomia con cui cittadini singoli e associati possono dare concretezza alla indicazione costituzionale.

La pronta adesione di tanti parlamentari rende manifesto che la battaglia per l’inserimento dell’emendamento sarà anche una battaglia per la ripresa di quella prospettiva di “riforma della politica” che la Costituzione richiede e sorregge. Per chi crede che la fuoriuscita dalla crisi non sia solo questione di economia questo terreno è decisivo. E certamente più importante di tante delle questioni oggi poste alla discussione sotto il titolo di riforme.

Giuseppe Cotturri, ordinario di Sociologia del diritto e Sociologia dei fenomeni politici all’Università “Aldo Moro” di Bari e già Presidente di Cittadinanzattiva

Redazione Online

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