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murales

Se la street art è il mezzo, l'impressione, a dispetto di McLuhan, è che qui tutto si giochi sul luogo, ossia la strada. Lo penso mentre, in una luminosa domenica di ottobre, passeggio nel quartiere, fra Boccea-Pineta Sacchetti e Primavalle, in cui vivo da 13 anni e comincio a conoscerlo attraverso il percorso fra 56 murales in cui ci conduce Lello Melchionda e gli attivisti di Pinacci nostri.

In un anno e poco più hanno realizzato, grazie al contributo di street artist (alcuni molto noti come Carlos Atoche, Beetroot, Alessandra Carloni, Carlo Gori, Tina Loiodice, Moby Dick; altri emergenti di quartiere come Francesca Mosca, Oscar Money, Ishmael Guesan, Diana Campanelli, Edoardo Isonzo, Andrea Mazzoni; e tanti altri), appunto 56 opere che raccontano il quartiere, la sua storia e i suoi personaggi, con incursioni su quella che oggi è una Roma diffusa e percepita, del malaffare ma anche dell'accoglienza, della crisi ma anche della generosità.

“Immaginiamo che, portando la bellezza sui muri, il nostro quartiere possa trasformarsi in un luogo felice, in cui tutti, a proprio modo, vengano fuori e inizino ad adoperarsi per difenderlo dalla lenta e inesorabile rassegnazione al brutto e al degrado. Siamo convinti che qualsiasi processo di rigenerazione territoriale, promosso dal basso e su base spontanea, debba essere fondato sul concetto di fruizione dello spazio pubblico quale ambito ideale per la promozione di eventi artistici, culturali e sociali. Allo stesso tempo, crediamo che chi vive a Pineta Sacchetti abbia le capacità per costruire "qualcosa di bello" che possa riaccendere la speranza e rendere finalmente il nostro quartiere un luogo caratterizzato da una forte identità, partendo dalla valorizzazione del suo ricchissimo passato”, dice Lello Melchionda, promotore di Pinacci nostri.

Nella lunga passeggiata abbiamo incrociato, quasi ad ogni angolo del nostro quartiere, decine e decine di immobili chiusi o abbandonati, esercizi commerciali dalle serrande abbassate, una realtà "Disponibile!" come la chiamiamo noi di Cittadinanzattiva che andrebbe solo riportata a nuova vita e offerta alla cittadinanza. E su cui Pinacci nostri ha avviato un progetto dal bel nome "Su[l]le serrande. Per dire: dipingiamo queste serrande chiuse, perchè quello che vogliamo è riaprirle! La globalizzazione e la grande distribuzione hanno dato il colpo di grazia ai negozi di vicinato.
Per questo motivo abbiamo pensato di accendere un faro su questa situazione, promuovendo il progetto su(!)le serrande: su ogni serranda abbassata alcuni artisti rappresenteranno elementi collegati alle attività commerciali che si svolgevano in quei locali, facendo rivivere atmosfere e situazioni ormai perdute. L'obiettivo di Pinacci Nostri è porre l'attenzione su questo fenomeno, con l'auspicio che il nostro quartiere possa recuperare la vivacità di un tempo, in controtendenza rispetto alla progressiva chiusura di botteghe e negozi”.

Visita il sito web www.pinaccinostri.org

Le interviste video a Lello Melchionda e agli abitanti del quartiere 

Nella foto il murale di Tina Loiodice, dedicato al tema dei migranti e a tutti i bimbi che muoiono in mare, a cui è negata la spensieratezza propria della loro tenera età e la gioia di giocare con una bicicletta, come invece riuscì al bimbo profugo sfuggito all'incendio dell'hotel Giotto di via Cardinal Passionei nel 1992 e ospitato con la sua famiglia da una del nostro quartiere. Una domenica pomeriggio, in un appartamento di via Mattia Battistini, su un terrazzo di ben 200 mq, questo bimbo somalo scorse qualcosa che non aveva mai visto: una bicicletta, di colore verde. E tentò più volte di montarci, cadendo continuamente.

Aurora Avenoso

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