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Cittadinanzattiva presenta inibitoria con Altroconsumo al TAR contro delibera sulla Par Condicio: “irragionevole, contraria alla par condicio e ai principi fondamentali del servizio pubblico e del sistema radiotelevisivo”.


Una inibitoria per costringere la Rai a riprendere subito le trasmissioni di approfondimento informativo (Anno Zero, Ballarò, Porta a Porta, L’Ultima parola) sospese dieci giorni fa con una delibera del Consiglio di Amministrazione Rai.
Questo il senso del ricorso al Tar, notificato a Mediaset e Rai, e che sarà iscritto a ruolo nelle prossime ore, presentato da Cittadinanzattiva insieme ad un'altra associazione dei consumatori, Altroconsumo.

La delibera e’ definita nel ricorso delle due associazioni “manifestamente irragionevole, contraria alla legge sulla par condicio e ai principi fondamentali del sistema radiotelevisivo e del servizio pubblico”.

Il ricorso elaborato e sottoscritto da un team di 10 legali fra i quali il professor Giorgio Costantino dell’ Università Roma Tre, e’ fondato sugli articoli 139 e 140 del Codice del Consumo, e chiede anche di inibire (in quanto contrario alla legge sulla par condicio e alla Costituzione) quello che definisce l’illegittimo assoggettamento delle trasmissioni di informazione alle regole stabilite per le tribune elettorali, assoggettamento previsto dalla delibera della Commissione Parlamentare di Vigilanza.

“La decisione della Rai” secondo Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanzattiva, “danneggia in maniera grave l’interesse collettivo degli utenti del servizio radiotelevisivo ad essere adeguatamente e completamente informati per poter maturare in modo autonomo e consapevole le proprie opinioni”.

Secondo i legali delle due associazioni la delibera del CDA Rai che ha cancellato i talk show di approfondimento viola la Costituzione, la legge sulla par condicio e i doveri del servizio pubblico; né e’ in alcun modo possibile costringere le trasmissioni di informazione ad adottare gli stessi criteri previsti per le tribune elettorali. Semmai la RAI, anche in quanto concessionaria di un servizio pubblico, aveva il dovere di astenersi dall’applicazione di una normativa che essa stessa aveva pubblicamente criticato in quanto alla legge sulla par condicio e alla stessa Costituzione.

Secondo le due associazioni dei consumatori, inoltre “e’ falso e pretestuoso, e potrà essere smentito in sede giudiziale, che la delibera del CDA RAI sia in diretta attuazione del Regolamento della commissione parlamentare di vigilanza così come affermato dal Direttore Generale Masi in una intervista (perché il regolamento della commissione di vigilanza non prevedeva la cancellazione dei programmi). E’ singolare che tra le tante trasmissioni di approfondimento si sia stilato (senza alcuna motivazione) un elenco arbitrario di quelle da censurare, comprendente di fatto le più seguite. Ed e’ “paradossale” che con l’argomento di garantire la qualità e l’imparzialità si sia determinata una contrazione dell’offerta di informazione: telefilm come squadra 49, film come Ricette d’amore, documentari storici o speciali dell’isola dei famosi al posto dei programmi cancellati.

“In assenza di qualsivoglia plausibile (e presentabile) motivazione – si legge nel ricorso - viene lecito il sospetto che si sia voluto, allo stesso tempo, mortificare l’informazione pubblica e favorire le emittenti private, con lesione immediata e diretta dell’interesse degli utenti del servizio pubblico radiotelevisivo all’accesso ad un’ampia varietà di informazioni e di contenuti, offerti da una pluralità di operatori in condizione di pluralismo e di libertà di concorrenza”.

In questo modo, secondo le due associazioni di consumatori, non solo si e’ inferto “un gravissimo vulnus al pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva”, ma si e’ falsata anche la concorrenza sia nel mercato radiotelevisivo e dei mezzi di comunicazione di massa sia nel mercato della pubblicità.

Quanto al regolamento approvato dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza, la sentenza 155 del 2002 della Corte Costituzionale ha espressamente escluso che le regole delle tribune elettorali possano applicarsi ai programmi di informazione. Inoltre, e’ manifestamente illegittimo nel punto in cui assoggetta i programmi di approfondimento informativo alle regole delle tribune elettorali, cosa che contrasta con la legge e con la Costituzione, e si risolve in un vero e proprio bavaglio all’informazione.
Redazione Online

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