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Editoriali

banchi di scuola 2015 02 26

Anche quest’anno si celebra la giornata nazionale della sicurezza nelle scuole. Un evento dal sapore celebrativo e propositivo per migliaia di scuole italiane che approfittano dell’appuntamento per realizzare prove di evacuazione ed incontri con esperti, giochi di ruolo e attività dimostrative sui temi della sicurezza e della salute (rischio sismico, prevenzione del tabagismo, rischio elettromagnetico, comportamenti violenti, sicurezza strutturale, sicurezza stradale, alimentazione, ecc.).
E' anche una occasione per conoscere dalla viva voce di rappresentanti delle istituzioni locali sia lo stato di sicurezza o meno della propria scuola che il Piano di emergenza del proprio Comune e ciò che esso prevede.

 

I materiali distribuiti alle scuole e l’elenco degli eventi sono scaricabili e visibili dal sito di Cittadinanzattiva e della Protezione Civile: un grazie di cuore a tutti gli aderenti e a tutte le scuole che hanno risposto con rinnovato entusiasmo a questo appuntamento.

Allo stesso tempo, però, la Giornata si svolge ancora una volta in un contesto difficile e problematico proprio per la sicurezza delle scuole e del territorio.

Si svolge, infatti, a tre giorni dall’anniversario della morte di Vito Scafidi, il cui processo è ancora in corso; all’indomani dell’alluvione nel Nord Italia con tutte le problematiche che conosciamo e con diverse scuole ancora chiuse; a 30 anni dal terremoto dell’Irpinia, con le ferite e gli scandali che ancora oggi permangono; nel pieno dell’emergenza rifiuti a Napoli ed in Campania, che vede proprio nei bambini i soggetti più colpiti sia in termini di condizioni igieniche e di salute davvero gravissime, sia per la negazione di diritti non meno importanti: quello del gioco e della libera circolazione nelle strade della propria città.

 

Nel corso della Giornata sono resi noti anche i dati relativi alla II Indagine “Conoscenza e percezione del rischio sismico”, realizzata tra dicembre 2009 e marzo 2010 e che quest’anno presenta anche dati regionali. E’ stata scelta una delle scuole partecipanti all’indagine, il Liceo Scientifico E. Majorana di Capannori (Lucca) come sede per la presentazione dei risultati. I dati emersi si commentano in gran parte da soli ma stimolano alcune interessanti riflessioni.

 

Lavorare sui comportamenti da adottare per fronteggiare le diverse emergenze, paga.

 

Anche questa seconda indagine non registra flessioni rispetto ai valori positivi dei comportamenti adottati da adulti e studenti intervistati circa i comportamenti prima e dopo la scossa sismica, sia che ci si trovi a casa che a scuola. Così come le prove di evacuazione continuano ad essere effettuate con regolarità a scuola. E’ una buona notizia per chi come Cittadinanzattiva da otto anni si spende per la sicurezza delle e nelle scuole e per lo sviluppo della cultura della sicurezza, è un incentivo a non interrompere Campagne come Impararesicuri anche in periodi economicamente difficili come questi.

 

Che cosa hanno tratto dall’esperienza del terremoto dell’Abruzzo i cittadini italiani?

Sono state poste delle domande agli intervistati che riguardavano il terremoto dell’Abruzzo dell’aprile 2009 per capire se e come tale tragedia avesse inciso sul livello conoscitivo (conoscenze relative al terremoto, ai comportamenti, alla gestione dell’emergenza, alle costruzioni anti sismiche) o se avesse determinato un’attivazione diretta da parte degli intervistati per acquisire dati e informazioni sulle caratteristiche della propria casa e sulla sicurezza o meno della scuola frequentata. La conclusione che si evince dalle risposte è sconcertante: sul fronte del fare, neanche una tragedia come quella del terremoto dell’Abruzzo, veicolata soprattutto dalla televisione, come sostiene il 75% degli intervistati, ha provocato un cambiamento profondo tanto da indurre le persone a conoscere le condizioni strutturali della propria abitazione e della scuola dei propri figli o a chiedere quale sia la zona sismica in cui è situato il proprio Comune, cosa preveda il Piano comunale di emergenza, quali siano le aree di attesa, ecc. Ma forse erano anche risposte prevedibili. L’informazione mediatica, infatti, ha sì il potere di scuotere emotivamente e magari anche provocare moti di solidarietà fattiva, ma solo nel breve periodo. E’ solo una informazione di prossimità, diretta, veicolata da persone che si conoscono o di cui ci si fida e accompagnate da sperimentazioni concrete, da prove ed attività pratiche che possono favorire l’avvio di un processo di cambiamento culturale profondo, che la cultura della prevenzione richiederebbe.

 

 

I Piani comunali di emergenza sono l’ emblema di quanto (poco) sia percepita la sicurezza del territorio nel nostro Paese. Il fatto che non si sappia quanti siano i Comuni che ne siano dotati e che anche laddove ci siano, raramente siano conosciuti dai cittadini, è certamente già un indicatore di quanto marginale o poco importante o solo da addetti ai lavori sia considerato questo prezioso strumento per la previsione e la gestione delle emergenze rispetto ai rischi naturali e non.

 

Purtroppo il nostro è uno strano paese che si giustifica nel non mettere in sicurezza né le scuole né il territorio dai tanti dissesti e rischi che lo caratterizzano perché ciò richiederebbe costi enormi che non ci possiamo permettere (vero) ma allo stesso tempo continua a pagare cifre ben più alte, in termini di vite umane e di emergenze e ricostruzione. E’ stato stimato che dal 1968 ad oggi siano stati spesi per questo 140 miliardi di euro, senza dimenticare i miliardi di euro spesi e ancora necessari per ridare un futuro a L’Aquila e all’Abruzzo.

 

 

Adriana Bizzarri
Coordinatrice nazionale Scuola di cittadinanza attiva

Adriana Bizzarri

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