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Editoriali

 

Di errori medici si parla di solito dopo un fatto di cronaca eclatante o di una sentenza ma, in realtà, ciò di cui non si parla abbastanza è della vicenda personale di chi subisce un "errore in corsia", del cambiamento della sua vita e dei suoi equilibri, del dolore e dell'angoscia nell'affrontare altre cure o interventi riparatori. Queste vittime sono viste come predatori, mossi solo da uno spirito vendicativo contro questo e quel medico che si sente perseguitato. Troppo poco, invece, si affrontano le questioni legate alle lungaggini dei risarcimenti. Il paziente che subisce un danno o la perdita di un congiunto per colpa di un medico o di una struttura sanitaria inadeguata, il malato mentale o il disabile che non riceve adeguate tutele dalla Asl continua a invocare giustizia, rivendica il diritto di essere "persona", è ancora capace di indignarsi di fronte a sistemi inefficaci e farraginosi.

A volte questi cittadini, angosciati e smarriti dopo la vicenda che li ha colpiti chiedono il sostegno delle associazioni. E qui si entra nel campo dei capitolati di appalto con la compagnia di assicurazione dell'Asl che deve gestire i danni. Devo amaramente rilevare che, a causa di scelte a volte inopportune e inefficienti, le Asl stentano a garantire ai propri assistiti adeguati risarcimenti. Certo, rimane la via giudiziaria. Ma siamo lontani dall'applicazione di forme partecipative alla gestione della cosa pubblica da parte della cittadinanza. Quando il cittadino avanza una richiesta di risarcimento all'azienda, questa fornisce, a volte, una risposta dopo mesi indicando un broker assicurativo che, a sua volta, fornisce il nome della compagnia assicuratrice dell'Asl. Dopo un percorso a ostacoli si arriva a una perizia medico legale. La pratica dovrà poi essere visionata da un altro organismo aziendale: quello della Gestione del rischio clinico il cui parere appare "vincolante". Non è dato sapere neppure se e quali siano le franchigie. Un sistema farraginoso, a volte poco chiaro anche per gli avvocati, che accresce le incertezze, ingolfa i tribunali e appesantisce le casse della Asl per esborsi inutili come quelli a professionisti esterni.

Occorre rendere più snelle e celeri le procedure di liquidazione dei danni attivando anche quelle di tipo conciliativo. Cittadinanzattiva e i suoi legali, hanno avanzato, da anni, inascoltate, proposte per creare tali luoghi di conciliazione delle liti. Secondo noi è arrivato il momento di intervenire con strumenti che tutelino il paziente e le stesse casse pubbliche.

Avv. Marina Venezia
Componente della Direzione e della Segreteria Nazionale di Cittadinanzattiva


Redazione Online

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