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Editoriali

 

La legge Galli (1994), che aveva dettato disposizioni in materia di risorse idriche, sebbene sancisse che “l’acqua è un bene pubblico da salvaguardare ed utilizzare secondo criteri di solidarietà”, con la creazione del Servizio Idrico Integrato, spesso gestito come merce dalle varie SPA, e finanziato esclusivamente dalle “bollette” è stata fallimentare perché non ha modificato niente: le perdite d’acqua sono continuate, le fognature sono rimaste incomplete, i nuovi depuratori son rimasti chimere, nessun investimento sulla qualità e sulla distribuzione.

 

 

Per questo nella primavera 2007 il Forum Italiano per l’Acqua Pubblica (www.acquabenecomune.org) ha raccolto 430.000 firme per una proposta di legge nella quale si i definiva l’accesso all’acqua come: “un diritto universale e non una merce”, si stabiliva l’obbligo di fornire 50 litri d’acqua al giorno (il minimo vitale definito dall’ONU), gratuiti ad ogni abitante, ed il resto a tariffa secondo fasce di reddito ed con incremento a consumo; gli indispensabili investimenti per la miglioria del servizio a carico della fiscalità generale (le tasse)., e soprattutto chiedeva che l’ACQUA BENE COMUNE, potesse essere gestita senza logiche di profitto, come un’azienda pubblica al pari della sanità e della scuola.(E’ bene sottolineare la differenza che esiste tra bene PUBBLICO e bene COMUNE . entrambi possono essere gestiti da enti pubblici ma il bene comune è inalienabile, nessuno ad esempio, può vantare diritti sulla pioggia)

 

Le Commissioni Parlamentari hanno iniziato uno stentato dibattito, ma la risposta, poco democratica, è invece arrivata dapprima con l’art.23bis della legge 133/2008 (che ha convertito il d:L.122/08), che include la gestione dell’acqua nei servizi di rilevanza economica da privatizzare; successivamente, con il decreto Ronchi(convertito nella legge 166/2009), che obbliga tutti i gestori delle SPA ad avere una maggioranza di azionisti privati, compresi quindi anche i 62 ATO (sui 94 totali) ancora al 100% di gestione dei comuni.

 

Dal bene pubblico della legge Galli al business del decreto Ronchi questa è, in breve, la storia dell’acqua narrata dal punto di vista delle leggi.

 

 

 

Ma la storia del bene acqua è più antica, anzi, direi la più antica di tutte le storie: per i laici l’acqua è il brodo primordiale da cui è nata la vita, per i credenti delle diverse religioni è, a seconda dei casi, purificazione, rinascita, dissoluzione….non esiste civiltà o credenza che non riconduca all’acqua un ruolo primario……dalle gocce del fonte battesimale, alle acque che accolgono le ceneri dei defunti…

 

Le più grandi civiltà sono state fondate sull’acqua……

 

Noi stessi siamo fatti per tre quarti di acqua….

 

Tutte le culture hanno scritto o cantato odi all’acqua……..

 

L’acqua scende dal cielo, scorre nei torrenti e nei fiumi, si agita nei mari e negli oceani,ci disseta, ci rinfresca, ci pulisce, ci dà energia……

 

La qualità della nostra vita e della salute, che di questa è parte, è direttamente correlata con la facilità di accesso ed alla qualità dell’acqua, ma , e non bisogna mai dimenticarlo, l’acqua dolce disponibile è meno del 2% dell’acqua che ci circonda da ogni parte.

 

Se pensiamo a tutto ciò comprendiamo chiaramente che l’acqua è di tutti e che l’accesso all’acqua conseguentemente deve essere un diritto umano fondamentale, che l’acqua non pùo essere negata a chi è privo di mezzi economici; che va rispettata come bene preziosissimo, non rinnovabile, da usare con parsimonia e cura

 

Dobbiamo riflettere sul dovere morale che abbiamo di salvaguardare questo nostro bene per noi, per le generazioni future e per quei cittadini del mondo che non possono godere di questo diritto.

 

Deve essere chiaro a tutti che non si può usare l’acqua per fare profitti o per risanare bilanci.

 

Per far si che questo diritto inalienabile diventi realmente patrimonio di tutti e di ciascuno è necessario che, in quanto cittadini attivi , ci impegniamo ad esercitare le nostre possibilità e responsabilità politiche. E in questo momento di confusione e sbandamento dei partiti l’unica  arma rimastaci è, come in ogni passata difficile epoca, rimetterci alla vera fonte della volontà politica: il popolo. E quindi questo referendum, promosso dalle associazioni, dai comitati, e voluto dai cittadini, dalla “gente”

 

“Gente” che sta rispondendo in modo straordinario almeno a giudicare dalle code che si formano ai banchetti di raccolta firme, dal chiacchiericcio intenso che fanno tra di loro, dalla voglia di mettere quella firma per dimostrare che non si può far sempre passare tutto sulle loro teste.

 

E a coloro che puntualizzano che però anche nel “pubblico non funziona mica bene” ribattiamo che come abbiamo sempre difeso la scuola e la sanità pubbliche così difenderemo l’acqua pubblica e come abbiamo fatto con lascuola e la sanità ci impegnamo a correggere e denunciare ciò che non funziona, a monitorare e controllare la gestione e la qualità con gli strumenti che ben conosciamo e che abbiamo a disposizione( comma 461 finanziaria 2008)

 

L’acqua è vita e nessuno di noi lascerebbe che la propria vita, per quanto faticosamente vissuta, fosse gestita da altri.

Patrizia Quarta
membro della direzione nazionale
Segreteria regionale Liguria

 

 

Redazione Online

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